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Dove sei padrone?

Noi non sopportiamo proprio le storie tristi, così tanto che prima di iniziare un libro o di vedere un film andiamo sempre a vedere come finisce e se non ha l’happy ending lo lasciamo stare. L’argomento di oggi quindi è un po’ anomalo ma per una serie di motivi abbiamo deciso di occuparcene. C’est la vie come dicono i francesi, è la vita che a volte ti costringe a pensare a cose che preferiresti far finta che non esistono.

Su Internet, sui giornali, sulle riviste, un po’ ovunque purtroppo, capita di imbattersi in notizie che raccontano di cani che rimangono fermi per ore, giorni, mesi, alcuni anni addirittura, vicino alla bara o sulla tomba del padrone. I commenti di cui sono condite le notizie sono generalmente standardizzati e si soffermano prevalentemente sulla fedeltà del cane e/o sul suo dolore per la morte del padrone e se anche dicono qualcosa di diverso, è sempre dello stesso stile e livello. Lo ammettiamo in tutta onestà, ci danno un fastidio tremendo. Perchè pur essendo il mondo pieno di zozzerie queste ci danno così più fastidio di altre?

La ragione principale è che amiamo e rispettiamo i cani e la loro relazione con noi umani è ricchissima e molto complessa e troviamo il modo in cui sono riportate queste storie superficiale e guidato dal desiderio di sensazionalismo e di facili sentimentalismi (quelli che pubblicano queste notizie sono poi gli stessi che bombardano per giorni e giorni con le storie su ‘cani assassini’, assalitori, etc) che non fa nulla per diffondere ed aumentare la conoscenza di questi animali straordinari per cui facciamo tanto ma a cui dobbiamo anche tantissimo.

Se il modo in cui sono riportate le notizie sui cani ci pare molto discutibile, la questione di cui si occupano non lo è: cosa sentono i quadrupedi quando il loro umano di riferimento se ne va per sempre?

Abbiamo cercato una risposta e quella che ci ha convinto di più, come in tante altre occasioni, è di Stanley Coren, professore di psicologia alla University of British Columbia ed autore di numerose pubblicazioni scientifiche sui cani.

Coren ricorda che la capacità mentale ed emozionale dei cani è comparabile a quella di bambini di due-tre anni e i bimbi fino ad almeno cinque anni non hanno il senso della morte intesa come un evento definitivo tanto che è molto comune che chiedano più e più volte quando tornerà la persona che se ne è andata. Spiega quindi che sostenere che i cani sappiano cosa è la morte, ne soffrano e si comportino di conseguenza è sbagliato.

I cani però sono dotati di straordinaria empatia, è dimostrato che provano sentimenti anche molto forti ed è sotto gli occhi di tutti (grazie anche ai media di cui sopra) che la scomparsa del loro padrone, così come di un loro compagno quadrupede, non li lascia indifferenti.

Se non sono il dolore per la perdita e la consapevolezza che la separazione è per sempre a determinare i comportamenti riportati nelle notizie di cui sopra, quindi, cosa è?

Coren ci dice che è qualcosa di ancora più struggente: i cani sentono la separazione e conoscono la speranza e quando si accoccolano vicino alla bara o alla tomba del loro padrone, o si mettono dove stava regolarmente è perchè sentono la sua mancanza e sperano che torni.

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Lauretana

La mamma umana di Oban, autrice di Senti chi Abbaia, ama la montagna, leggere e scrivere, ha un debole per la mozzarella. Pensa che i cani siano creature straordinarie e la vita con loro un'esperienza oltre l'immaginabile che, incredibile ma vero, si scopre nella sua straordinarietà ogni giorno, anche dopo tanti anni con il cane.

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